Di cosa si è parlato quest’anno su L’altra biblioteca?
Ricapitolando: ad aprile, di solitudini urbane in Giappone con Giardino di primavera di Tomoka Shibasaki; poi, a maggio, ci siamo spostati in Svezia con La famiglia Berg di Lydia Sandgren per concentrarci su un’amicizia tra due uomini che attraversa i decenni; a giugno, abbiamo esaminato l’incrociarsi delle esistenze simili e diverse di Due donne, grassa e magra, il primo romanzo di Mary Gaitskill; a luglio, siamo andati in vacanza in Francia con la protagonista del polar di Sébastien Japrisot, La signora dell’auto con gli occhiali e un fucile.
Dopo la pausa estiva, ho analizzato le biografie di Leonardo Del Vecchio (fondatore di Luxottica), Brunello Cucinelli (Brunello Cucinelli S.p.A.) e Federico Marchetti (YOOX) in un Bonus LAB intitolato Le vite dei nostri ultimi tycoon; ho cercato di tracciare un quadro d’insieme dei romanzi e delle protagoniste di Milena Milani, troppo spesso ridotta all’autrice scandalosa de La ragazza di nome Giulio; infine, ho scritto di nuovo un’uscita più convenzionale su L’accademia dei sogni di William Gibson.
Nel rileggere il post sulle letture notevoli del 2023, ho risentito tutta la prostrazione che mi aveva schiacciato mentre lo scrivevo. Attraversavo un periodo difficile, culminato la sera di Natale in una delusione affettiva e soprattutto umana, che — a causa di quella fragilità — mi ha scosso a lungo.
Quest’anno è stato più sereno, nonostante la perdita di una persona cara come GdP. Ciò che sto progettando per il 2025 in parte si radica nel lavoro fatto per Le vite dei nostri ultimi tycoon; il suo incoraggiamento a scrivere quel pezzo, così fuori dai miei canoni, ha contribuito a farmi capire quale percorso intraprendere.
Grazie a tutte le persone che hanno letto anche solo un’uscita.
Sebbene per temperamento io sia poco incline a costruire comunità, non do per scontata l’attenzione ricevuta.
Mi auguro che la newsletter possa continuare ad aggiungere qualcosa alle giornate di chi ha deciso di iscriversi.
Ne approfitto per ricordare che L’altra biblioteca, come i ghiri, va in letargo fino alla primavera; il 22 gennaio 20251 invece arriverà un nuovo Laboratorio, che proseguirà poi ogni terzo mercoledì del mese come d’abitudine.
Adesso, senza fare inutili classifiche, alcuni libri che non appariranno sulla newsletter l’anno prossimo, ma che hanno segnato il mio 2024, divisi in quattro categorie: Misteri, Immagini, Classici e, alla fine, un epistolario.
MISTERI
Butter — Asako Yuzuki (HarperCollins, traduzione di Bruno Forzan)
Questa newsletter cerca sempre di dare il giusto spazio al genere preferito della persona che la scrive: il giallo. Butter non è stato commercializzato come tale, e la quarta di copertina italiana ci informa che si tratta di un romanzo di “emancipazione culinaria”, claim pubblicitario in cui c’è del vero. Tuttavia Yuzuki sfrutta con talento una situazione di partenza piuttosto tipica: una persona accusata di un grave crimine (in questo caso, le morti sospette di tre uomini) riesce a insinuarsi nella psiche di un giornalista o di uno scrittore che la intervista. In questo caso, la presunta assassina è Masako, il cui carisma personale si innesta su una mentalità velenosamente patriarcale; a intervistarla c’è Rika, unica giornalista rimasta in un giornale rivolto al pubblico maschile. Com’è riuscita Rika a fare breccia nel muro opposto da Masako ai media? Attraverso la passione per la cucina di Masako, che teneva un blog sull’argomento.
Il tema del cibo conduce ad argomenti come le complessità di un ambiente di lavoro, la sorveglianza del proprio corpo, e il rapporto di Rika con gli uomini (che siano parenti, amici o amanti). Talvolta didascalico, Butter rimane sempre stimolante.
Motte de beurre — Antoine Vollon. Un quadro che si vede dappertutto!
The Moving Target — Ross Macdonald (Vintage Crime)
Molti anni fa ho letto e apprezzato alcuni romanzi di Margaret Millar2, così quest’anno ho deciso di pensare alle quote azzurre e passare a suo marito: Kenneth Millar, in arte Ross Macdonald. The Moving Target introduce il personaggio di Lew Archer, alle prese con la sparizione di un uomo tanto antipatico quanto ricco. Intorno a lui, i consueti personaggi: la gelida moglie, la figlia complicata, il giovane che gli ricordava il figlio morto in guerra… insomma, siamo nel recinto del genere. Tuttavia: Macdonald sa dimostrare quanto c’è di marcio in California tramite la gestione non banale della trama e uno stile raffinato.
Il romanzo, inoltre, comincia con una situazione che sembra citare un altro classico: Double Indemnity di James M. Cain, and I’m an easy mark.
In italiano il titolo è Bersaglio mobile, tradotto da Raffaella Vitangeli per Timecrime.
Gara di vamp tra Paul Newman e Pamela Tiffin in Harper, adattamento cinematografico del romanzo diretto da Jack Smight.
IMMAGINI
Young, Sleek And Full Of Hell — Aaron Rose (Drago)
Un regalo che ho ricevuto per il mio compleanno da parte di un ex collega, ora caro amico, mentre ci trovavamo a Firenze per visitare la mostra dedicata a Helen Frankenthaler.
Panoramica di una certa cerchia di artisti newyorkesi — qualche nome noto: Mike Mills, Harmony Korine, Susan Cianciolo, Ryan McGinley — che ruotavano intorno alla Alleged Gallery e corredato di interviste ai protagonisti della scena3. Mi ha fatto venire voglia di rivedere See Know Evil, un bel documentario dedicato al fotografo coevo Davide Sorrenti.
Adelina Tattilo. Una favola sexy — Dario Biagi (Odoya)
Vita e opere dell’editrice di vari giornali erotici, presto protagonista di una serie Netflix con Carolina Crescentini. Dei tre libri in questa sezione, è l’unico privo di un apparato iconografico degno di questo nome, nonostante l’immagine sia al centro dei vari accadimenti.
Chissà se l’esperimento di Libera, giornale dedicato a un pubblico femminile moderno4, avrà uno spazio nella serie? Meglio non illudersi, immagino.
La politica italiana non è in primo piano, eppure si affaccia di continuo tra le righe: i redattori di Playmen, il titolo phare di Adelina Tattilo, sono quasi tutti legati all’estrema destra; Tattilo, invece, è vicina ai radicali e alla sinistra socialista, nonché amica personale di Bettino Craxi.
Come scriverebbe qualche attempato giornalista della carta stampata: ritratto di una donna, affresco di un’epoca.
Adelina Tattilo e i suoi Playmen.
Carla Sozzani. Arte, vita, moda — Louise Baring (L’Ippocampo)
Direttrice di Elle Italia per tre numeri e mezzo, fondatrice di 10 Corso Como, sostenitrice di stilisti come Walter Albini e Romeo Gigli, Carla Sozzani si muove da decenni in campi come la moda, la fotografia e l’arte. Uno degli aspetti più affascinanti del libro, però, è rappresentato dalle due biografie fantasma che emergono accanto alla sua: quella di Franca Sozzani, sorella minore5 e storica direttrice di Vogue Italia, e quella di Azzedine Alaïa, geniale couturier tunisino e amico fraterno. Un altro è lo spaccato di vita altoborghese nell’Italia post-bellica che filtra attraverso l’esistenza di una singola persona: vacanze, percorsi di studio, mentalità.
Dettaglio comico: come da qualche anno abbondano su TikTok i tutorial su come distruggere una borsa griffata per renderla più chic, così negli anni Sessanta le Sozzani rovinavano apposta le loro borse Gucci legandole al retro dell’automobile e sballottandole per le ripide strade liguri.
CLASSICI
La morte di Virgilio — Hermann Broch (Feltrinelli, traduzione di Aurelio Ciacchi, prefazione di Ladislao Mittner)
Detesto accumulare molti libri non letti; di solito quando sono dieci o dodici cerco di affrontarli con determinazione ingegneristica. Tuttavia alcuni restano oltre le mie capacità. La morte di Virgilio è stato per qualche anno la mia balena bianca, non perché non mi piacesse ma perché esigeva la mia completa attenzione.
L’argomento del romanzo è presto detto: il poeta Virgilio sta morendo e, nell’altalena tra la piena coscienza e il delirio della febbre, esamina la sua vita, parla con gli amici e, soprattutto, con Ottaviano. Virgilio vorrebbe distruggere l’Eneide.
Quando mi capita di parlare di cinema, per lodare un* regista, dico che è capace di pensare per immagini6; nella letteratura, invece, serve saper usare le parole. Broch riesce a sviluppare un ponte tra le due forme artistiche attraverso un lirismo imagistico che richiede uno sforzo da parte di chi legge, subito ricompensato dalla bellezza sublime del testo.
Difficile resistere alla tentazione di nascondermi dietro citazioni di George Steiner (da Language and Silence: “The Death of Virgil is not only one of the most important novels European literature has produced since Joyce and Proust; it is a specific treatment of the tragic condition of man of words in an age of brute power”) e William H. Gass (che, in A Temple of Texts, include il romanzo tra i suoi literary pillars).
La morte di Camilla in un’incisione di Bartolomeo Pinelli.
L’uomo che ride — Victor Hugo (Garzanti, introduzione di Giuseppe Anceschi; presentazione e traduzione di Bruno Bacci)
Nel tenebroso Seicento inglese, Gwynplaine, ancora bambino, è stato rapito e poi sfigurato per farne un fenomeno da baraccone; sopravvissuto a un naufragio e raccolta una neonata, poi ribattezzata Dea, viene accolto da Ursus, uno strano, ma non malvagio!, figuro che sembra un incrocio tra un alchimista, un filosofo e un capocomico. La famiglia è completata dal lupo Homo. Lo scioglimento del romanzo è dedicato alla scoperta dei natali del protagonista e alle conseguenze tragiche di questa rivelazione.
Metà incubo, metà sogno, L’uomo che ride è un romanzo barocco dove non accade granché se l’affabulazione di Hugo, che per centinaia di pagine alterna fantasie espressioniste a riflessioni politiche. Dura troppo poco.
Una foto di scena di Conrad Veidt nel ruolo di Gwynplaine ha ispirato il disegno di Joker, qui in una versione natalizia proveniente da Il lungo Halloween di Jeph Loeb e Tim Sale.
Alla vigilia — Ivan Turgenev (Carbonio, traduzione di Mario Caramitti)
Rispetto agli altri scrittori russi dell’Età dell’Oro, ho sempre trascurato Turgenev: mi ero accontentata di leggere il suo libro più celebre, Padri e figli, una decina di anni fa. Finché, dopo aver riletto proprio Padri e figli, quest’anno non si è acceso il grande amore tra me e questo ricchissimo russo, allo stesso tempo provinciale ed europeo, nonché forse il meno nevrotico del quintetto7.
Ambientato nell’estate del 1853, Alla vigilia è un breve romanzo che racconta l’importante decisione della protagonista, Elena Stachova: chi sposare. Turgenev le presenta tre candidati: Šubin, uno studente di Belle Arti simpatico e insipido; l’affidabile Bersenev, che studia scienze naturali e ha qualcosa del Levin di Anna Karenina; Insarov, un serio patriota bulgaro, che introduce il tema più politico del romanzo (ambientato, non a caso, all’epoca della Guerra di Crimea).
Come scrive Hoffmansthal ne Il libro degli amici: “Dostoevskij è un grande poeta, ma in Turgenev è la compiuta magia dell’arte”.
Nadežda Derviz ritratta da Valentin Serov.
UN EPISTOLARIO
Il normanno e il moscovita. Lettere 1863-1880 — Gustave Flaubert, Ivan Turgenev (Archinto, a cura di Marina Balatti)
Il titolo dice tutto, no? Aggiungerò due notazioni personali.
Mi sono emozionata nel leggere le reazioni dei due scrittori ai maggiori romanzi della loro epoca, come Nana di Zola o Guerra e Pace di Tolstoj — con il senno del poi, avrei dovuto comprarmi la corrispondenza in francese.
Questa raccolta di lettere è riuscita a scalfire l’ultradecennale avversione che provavo per Flaubert in quanto persona (sullo scrittore, se serve affermare l’ovvio, non ho riserve).
L’immagine di copertina è di Norman Parkinson.
Ci sentiamo nel 2025. Nel frattempo: buon anno!
Il terzo mercoledì di gennaio sarebbe il 15, davvero prestissimo, quindi farò una piccola deroga al calendario. Le altre date poi cadranno sempre il terzo mercoledì: 19 febbraio, 19 marzo e via dicendo.
In italiano è disponibile Quando chiama una sconosciuta, tradotto da Giovanni Viganò per Polillo. Molti dei libri di Millar sono anche stati pubblicati nella collana del Giallo Mondadori.
In cui presto o tardi qualcuno menziona quanto Terry Richardson fosse creepy (e il libro risale al 2002, molti anni prima di MeToo).
Ho subito ripensato al podcast Stiffed di Jennifer Romolini, dedicato a Viva, una rivista femminile pubblicata nello stesso periodo — gli anni Settanta — da Bob Guccione di Penthouse.
La somiglianza tra Franca e Carla fa sì che le numerose foto dove sono vicine sembrino una versione più botticelliana delle Cholmondeley Ladies o delle due sorelle di Théodore Chassériau.
Dovrebbe essere il minimo nella professione? Sì, in teoria. In teoria.
Non muore giovane in duello come Lermontov e Puškin; non è ludopatico come Dostoevskij (al quale T. saldava i debiti di gioco, per poi venir ripagato con il personaggio di Karmazinov ne I demoni); non è ossessionato dall’infedeltà femminile come Tolstoj (del resto il soprano Pauline Viardot, l’amore della sua vita, era già sposata, ergo T. non poteva star lì a farla tanto lunga).