L'altra biblioteca: Play boy; Love me tender
L'altra biblioteca
Play boy — Constance Debré
Love me tender — Constance Debré
Stock (2018); Flammarion (2020).
[Se la tua iscrizione è molto recente, una premessa: i due dispacci di agosto sono dedicati a libri non ancora tradotti in italiano. Da settembre riprenderà la programmazione usuale: un compromesso tra la mia voglia di parlare di alcuni titoli e la decisione di trattare soprattutto opere disponibili nella nostra lingua.]
Le origini di Constance Debré sono spesso messe in rilievo: Michel Debré, il nonno paterno, aveva fondato con Charles De Gaulle la Quinta Repubblica (che rimane l'attuale conformazione politica della Francia) e ne aveva occupato la carica di primo ministro dal 1959 al 1962; il padre, François, è un noto giornalista; il nonno materno, Jean Ybarnégaray, è stato ministro della Repubblica di Vichy, ma aveva anche avuto legami con la Resistenza; la madre, Maylis, era un'ereditiera ed ex modella. La famiglia Debré include anche diverse personalità della medicina, come Robert Debré, bisnonno dell'autrice, considerato il padre della pediatria francese, e Jeanne Debat-Ponsan, proveniente da una famiglia di artisti e una delle prime donne laureate in medicina oltralpe.
Si può argomentare, non a torto, che con un albero genealogico del genere una certa dose di attenzione mediatica era assicurata; il resto lo hanno fatto l'eccellenza della scrittura e l'incipit inaspettato di Play boy, terzo libro dell'autrice: “Non ho nemmeno osato metterci la lingua, la prima volta che ho baciato una ragazza”.
![copertina copertina](https://substackcdn.com/image/fetch/w_1456,c_limit,f_auto,q_auto:good,fl_progressive:steep/https%3A%2F%2Fsubstack-post-media.s3.amazonaws.com%2Fpublic%2Fimages%2F11e7096c-29a4-421b-9bd0-53b8611ad536_600x475.png)
Constance — famiglia metà aristocratica metà alto-borghese, penalista affermata, di lontane origini ebraiche, sposata da quindici anni con un uomo da cui ha avuto un figlio — verso i quarant'anni ha la sua prima relazione con una donna e decide di cambiare tutto: affitta un bilocale vicino alla scuola del bambino, in modo da poterlo accompagnare una settimana sì e una no, e inizia a vivere, con qualche nervosismo, la sua storia con Agnes, più grande d'età, sposata, con prole. Continua a difendere clienti accusati di vari crimini, verso i quali non nasconde una certa fascinazione. Poi la relazione con Agnes si sfilaccia, e ci sono altre ragazze.
Per strada, in metropolitana, guardo le ragazze. Indovino i loro seni, il loro culo, la loro figa, la curva della loro vita. Immagino il loro odore, il momento in cui il loro sguardo cambia, i loro sospiri, il loro viso durante il piacere. E quel che farei loro se fossero mie. Non tutte. Non per forza le più belle. Quelle che trasmettono un qualcosa che appartiene solo alle ragazze. Adesso ho un radar apposta. Ci sono non poche ragazze che ce l'hanno, quel qualcosa, se si è in grado di vederlo. Non ricordo di aver guardato gli uomini così, prima. Insomma, non lo so più. Non credo che un uomo e una donna si guardino nella stessa maniera, sessualmente parlando. Le fisso e le vedo che sentono il mio sguardo su di loro. Le vedo sentire il mio desiderio. E com'è facile, tutto questo. Fa sparire la paura.
Il cambiamento di tono in Love me tender si palesa fin dal titolo: l'ammiccante Jacques Dutronc di Les Play-boys (“io ho una trappola per ragazze, una trappola tabù, un giocattolo fantastico che fa crack! bum! hiii! e le ragazze cadono ai miei piedi”) si stempera nella malinconia del pezzo di Elvis Presley ("non lasciarmi mai, hai reso completa la mia vita").
Proprio in Play boy abbiamo assistito ad alcune avvisaglie: Laurent, l'ex marito di Constance, ha intenzione di renderle la vita difficile e di non farle più vedere Paul, il loro figlio; per ottenere il suo scopo, Laurent ricorre a un'accusa di incesto e pedofilia. Nonostante l'accusa sia falsa e venga presto ritenuta tale anche dai professionisti sanitari nominati dal tribunale, la giustizia esamina il caso con prevedibile lentezza.
Constance non esercita più la professione legale; una volta deciso di cambiare vita, è andata verso una spoliazione materiale quasi completa: pochi abiti, un monolocale (che abbandonerà per una serie di sistemazioni provvisorie a casa di amici), un materasso, qualche suppellettile. In Love me tender, la sua vita si orienta intorno a tre poli — la scrittura, le ragazze, il nuoto. Soprattutto quest'ultima attività la aiuta a rimanere salda e presente a se stessa nel periodo del processo. L'incipit del libro è icastico quanto quello di Play boy: “Non vedo perché l'amore tra una madre e un figlio non dovrebbe essere esattamente come gli altri amori.” Come gli altri amori, quindi: che possa finire. La sua valutazione del ruolo materno non manca di asprezza:
Io non sono "una madre". Certo che no. Chi vorrebbe esserlo? A parte quelle che hanno fallito in tutto. Che si sono talmente arenate da non trovare che questo status per vendicarsi del mondo. […] "Una madre" è qualcosa di peggio che una donna. È un po' come una domestica. O un cane. Ma meno bello. Più cattivo. […] Chi vuole credere a questa storia che le donne hanno un legame con la luna, con la natura, con l'istinto, che ordina loro di limitarsi alla materia e rinunciare all'essere — affari suoi. A me questo non interessa. "Una madre" non esiste. Madre come status, come identità, come potere o non-potere, come posizione, di dominato e di dominante, come vittima e come carnefice: non esiste. Queste cose non esistono mai. C'è l'amore ed è un'altra cosa. L'amore che non ha bisogno di essere contraccambiato da altro amore, l'amore che non chiede niente, l'amore che sa che cos'è e che non dubita mai, l'amore che sa che la pena non è niente, che non lo riguarda, che è inattiva, che la violenza non concerne che colui che l'esercita. Mio figlio lo sa molto bene.
Attraverso Constance, la sua protagonista, Debré rivendica... rivendica? Debré racconta e indaga se stessa. “C'est de la provoc!” (è una provocazione) le dicono spesso durante le interviste, e la scrittrice non nega mai di aver scritto anche con l'intento di provocare. Di nuovo da Play boy:
I ricchi vincono sempre. E i poveri perdono sempre. Non è colpa mia. Non è colpa mia se sono i ricchi a vincere. Non è colpa mia se sono ricca. Sono nata così. Ormai è nel mio DNA, tanto è roba vecchia. Sono nata da genitori ricchi che avevano genitori ricchi. Sono ricca senza un centesimo. Senza appartamento. Ricca a dieci euro al giorno, sigarette comprese. Ricca senza niente, ma così ricca che me ne fotto di essere povera. Tecnicamente per strada, ma ontologicamente piena di grana. Non si ha bisogno di soldi quando si è ricchi. Non si ha bisogno degli altri quando si è ricchi. Non si ha bisogno di niente quando si è ricchi. È una questione di vergogna che non si ha mai. I poveri hanno davvero ragione quando ci odiano.
Il celebre "così va il mondo, non è colpa mia" della raggelante lettera 141 de Le Relazioni Pericolose non è molto distante.
Alla domanda “È la scrittura che salva, che permette di riprendersi il potere?”, Debré risponde: “Niente salva, ma è questo che è meraviglioso: si vive senza essere salvati. Va tutto bene.”
La calibrazione della lingua, che è molto vicina al parlato, in francese emerge non appena si prova a leggere ad alta voce: l'autrice ha curato la punteggiatura e la prosodia fino a raggiungere l'impressione di un testo vicino alla pura oralità. Il prezzo di questa apparente assenza di sforzo è un esercizio continuo della propria abilità, uno sforzo furioso per mantenere una chiarezza che non è richiesta a una persona che, come Debré, sia passata attraverso le esperienze di Constance, ma che spesso può essere il discrimine tra letteratura e testimonianza.
Panorami (ovvero: quali altre opere mi ha fatto venire in mente questo libro?)
Il primo tomo della trilogia Vernon Subutex di Virginie Despentes (tradotto in italiano con lo stesso titolo da Tiziana Lo Porto per Bompiani): c'è lavoro simile sul francese moderno declinato in versione più gergale e Despentes, come Debré, non ha mai paura di essere abrasiva.
Tous les hommes désirent naturellement savoir di Nina Bouraoui ("Tutti gli uomini desiderano naturalmente sapere",non ancora tradotto): forse a causa del confinamento pandemico, ho ripensato con particolare affetto al ritratto della vita notturna nella Parigi dei tardi anni Ottanta. Come Debré, Bouraoui usa la forma dell'autofiction per descrivere il modo in cui ha vissuto sia l'identità lesbica, sia l'esperienza familiare, soprattutto di figlia. Nata da madre francese e padre algerino, due studenti di diritto conosciutisi nel 1960 mentre infuriava la cruenta guerra di liberazione che l'Algeria combatteva contro la Francia, l'autrice ha vissuto con i genitori in diverse località e reputa Algeri un luogo fondamentale per la propria formazione.
Altro?
Play boy e Love me tender sono categorizzati come romanzi e rientrano nel genere dell'autofiction; ho distinto l'autrice e la protagonista usando per la prima il cognome e per la seconda il nome. Questo dispaccio di LAB tratta di due libri, diversamente dal solito, perché per me formano un distico. Le traduzioni sono mie.
Sono rimasta colpita dalla presenza dell'Italia in questi due romanzi: Firenze e Roma sono le destinazioni di due viaggi dell'autrice in compagnia di due donne molto diverse; la Sicilia è stata lo scenario di una vacanza con il figlio. Oltre a questi dati turistici non molto sorprendenti, però, il Bel Paese è legato anche a tre autori che ricorrono nei due titoli di oggi e che fanno parte del Novecento letterario francese (anche in chiave queer): Hervé Guibert decise di riposare per l'eternità sotto la terra lieve dell'isola d'Elba, che amava; in un albergo palermitano morì Raymond Roussel, evento del quale ha scritto Leonardo Sciascia; Marcel Proust visitò Venezia, che gli ispirò una delle sezioni più memorabili della Recherche, il fulcro del romanzo.
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![peter, a young english girl - romaine brooks peter, a young english girl - romaine brooks](https://substackcdn.com/image/fetch/w_1456,c_limit,f_auto,q_auto:good,fl_progressive:steep/https%3A%2F%2Fsubstack-post-media.s3.amazonaws.com%2Fpublic%2Fimages%2F21cee65d-434f-4a03-ad15-605432e73d8c_640x928.jpeg)
Peter, una ragazza inglese - Romaine Brooks (1923/1924)
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Ci risentiamo il 24 agosto, se ti andrà.
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