Bonus LAB: quattro libri, quattro scrittrici
Quattro libri, quattro scrittrici
Fotomodella di Elisabetta Valentini; Autoritratto di gruppo di Luisa Passerini;
I sensi truccati di Paola Chiesa; Le mosche d'oro di Anna Banti.
Fotomodella – Elisabetta Valentini (Mondadori, 1988; Accento, 2023)
Basta il titolo del libro di Elisabetta Valentini, insieme all'anno di pubblicazione, per attivare suggestioni: la moda, la Milano da bere, il denaro.
Sul finire degli anni '80, Pier Vittorio Tondelli cura per Mondadori l'effimera collana Mouse to Mouse; dedicata alle opere di giovani esordienti, verrà stritolata dalle schermaglie della guerra di Segrate e interromperà le pubblicazioni dopo due sole uscite, Hotel Oasis di Gianni De Martino e Fotomodella di Elisabetta Valentini.
Come l'accademica Benedetta Barzini e la sociologa Ashley Mears, anche Valentini aveva sentito la necessità di tirare le somme riguardo la sua esperienza decennale di modella, trasfigurandola in un romanzo dall'impianto autobiografico.
Una ragazza giovanissima (all'inizio del romanzo ha diciassette anni) si impone in un mondo luccicante e ha un'importante storia d'amore con un attore affermato molto più grande di lei: questa trama così facile, vicina agli sviluppi di certi young adult che vendono fantasie a buon mercato, costituisce l'attrattiva e il limite di un libro a tratti ancora acerbo dal punto di vista stilistico. I momenti più ingenui sono sorretti dalla freschezza della voce narrante, sempre spinta in avanti verso il futuro, capace di far succedere le cose intorno a sé. Per esempio, la protagonista si presenta senza alcuna entratura all'atelier fiorentino di Emilio Pucci, uno dei pionieri della moda italiana, per farsi assumere come dattilografa; il suo aspetto invece devierà la sua vita per la prima volta e definitivamente: non sa battere a macchina ma è alta, sa muoversi e ha il viso giusto.
La storia d'amore con l'attore viene descritta con una dolcezza subito demistificata da dettagli anti-romantici come le sue mutande bianche dall'elastico allentato. Questa figura maschile cela il nome notissimo di Ugo Tognazzi, ed è interessante considerare come durante gli anni '70, nella seconda metà dei quali sarebbe poi nata la sua relazione con Valentini, l'attore cremonese fosse impegnato a girare tre film — Romanzo popolare, La stanza del vescovo, Primo amore — incentrati sul complicato rapporto dei suoi personaggi con le ragazze interpretate da Ornella Muti, pressoché coetanea della scrittrice. Prima il cinema, poi la vita, infine la letteratura.
Le settimane della moda non sono più quelle che ti ricordi all'inizio della tua carriera. Ora sono spettacoli di massa. Nei cinque giorni in cui si svolgono, migliaia di persone arrivano in città intasando alberghi e servizi. Trovare un taxi in queste condizioni è un miracolo. Avanzi in mezzo alla strada. Auto di sfrecciano da una parte de dall'altra incuranti della tua ricerca. Il tuo uomo lo hai lasciato ormai da due anni dopo quella vacanza ricostituente in Bretagna. il tuo amante non sai più dove stia. [...] Ross ha avuto un figlio ed è felice così. E tu? Tu sei sola in mezzo al traffico incasinato di Piazza Repubblica alla ricerca di un taxi che non arriva. La tua bellezza è quella di sempre.
Sottotraccia, in Fotomodella leggiamo anche di un momento di transizione nella moda italiana: i soldi si spostano definitivamente a Milano e i grandi nomi raggiungono un successo internazionale (basti pensare all'impatto di American Gigolo, uscito nel 1980, e del guardaroba Armani del suo protagonista). La transizione riguarda anche l'Italia: quel paese così tumultuoso da essere diventato poco ospitale per i cantanti stranieri, che alla fine degli anni '70 non venivano più a esibirsi in tour temendo le contestazioni del pubblico, ormai si lascia cullare dalla torpida corrente del Riflusso.
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Autoritratto di gruppo – Luisa Passerini (Giunti, 1988; Giunti, 2008)
Autoritratto di gruppo esce nello stesso anno di Fotomodella, tuttavia la distanza tra i due libri è siderale; come il romanzo di Valentini, fa parte di una collana che merita almeno una menzione: curata da Roberta Mazzanti per Giunti, Astrea pubblicava esclusivamente titoli firmati da scrittrici.
Autoritratto di gruppo è un lavoro ibrido, informato dall'esperienza di storica di Luisa Passerini. I capitoli dispari sono l'elaborazione di un diario tenuto nel periodo 1983-1987 e descrivono la vita contemporanea dell'autrice: le sedute di psicanalisi con G., il lavoro universitario, le amicizie, la storia d'amore con X. I capitoli pari, invece, raccontano l'esperienza del '68, soprattutto nel contesto torinese, della cerchia vicina a Passerini; basati su una serie di interviste, costruiscono anche una storia orale dei prodromi di quell'anno spartiacque e del decennio successivo, perché, come scriveva Passerini stessa nella prefazione a Storia orale: vita quotidiana e cultura materiale delle classi subalterne (Rosenberg & Sellier, 1978): "l'esigenza è quella di affrontare lo studio degli esseri umani non solo rispetto al potere politico, alle strutture economiche, all'organizzazione sociale; ma anche rispetto ai comportamenti interpersonali, ai meccanismi psicologici e conoscitivi, agli interessi, alle idee, alle immagini che stanno nella testa degli individui".
Mentre nelle città italiane continuano anche quest'autunno le proteste studentesche per il diritto alla casa, ignorate oppure trattate con il solito paternalismo dalla maggior parte dei media, è a dir poco rivitalizzante leggere di Guido Viale che risponde al rettore Allara: "Ma stai zitto, imbecille, hai tormentato gli studenti fino adesso".
Grazie al contrasto tra la coralità della storia collettiva e la monodia del diario, Autoritratto di gruppo potrebbe quasi sembrare una versione personale de Gli anni di Annie Ernaux… se non fosse uscito ben vent'anni prima.
Anche Fay ha in corso da mesi lavori di rifacimento della sua casa, molto più grande della mia. Ce li illustriamo a vicenda, stupendoci dei parallelismi in questa riscoperta della domesticità. Anche lei ha un numero crescente di piante e fiori sui balconi, mostra attenzione per la prima volta alle macchie sulla moquette nuova, progetta altri cambiamenti. Un amico francese ci ascolta rassegnato, e ci ricorda un recente détournement: "1968 on refait le monde, 1986 on refait la cuisine".
Vado a un convegno a Oxford, rivedo amici e colleghi di molti paesi, ritorno entusiasta. Spiego a G., sempre veleggiante altrove, ma gentilissimo, che essere se stessi, locali, provinciali, capaci di insistere, è la sola cosa che dia contenuti all'internazionalità. Questa, sul piano delle culture, non è altro che rimettersi in gioco, lanciando in circolo il proprio insistere. Ma non si può non fare entrambi.
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I sensi truccati – Paola Chiesa (Sugar, 1962)
Ancora il romanzo di una giovane esordiente, che nel risvolto di copertina viene presentata così: "nata a Roma nel 1936; laureata in Lettere Moderne con una tesi su Clifford Odets, ha compiuto diverse esperienze di studio, di cultura e di lavoro frequentando un corso per assistenti sociali, la scuola di giornalismo Pro Deo (antenata dell'attuale LUISS) e viaggiando dal 1955 al 1958 tra Inghilterra, Belgio e Germania; collaboratrice di giornali e riviste, con questo suo primo romanzo indaga con grande acutezza psicologica nel disperato mondo della droga". Aggiungo io che, dopo I sensi truccati, Paola Chiesa ha scritto alcuni libri per ragazzi, poi un giallo intitolato Una ragazza incendiaria uscito per Campironi (da Le maschere del mistero di Raffaele Crovi: "bel romanzo di scenario romano, con ragazzi sbandati, discoteche, eros nevrotico e droga, che forse per primo ha rappresentato in Italia, con acuta intelligenza psicologica, il disadattamento giovanile").
Ivo G., secondogenito di una coppia appartenente alla borghesia torinese, è dipendente dalla metedrina. Chiesa posiziona all'inizio del romanzo l'episodio che causa il primo precipitare degli eventi: una ballerina afroamericana (descritta nei termini che ci si potrebbe aspettare da un romanzo del 1962) viene quasi costretta a spogliarsi nel corso di una delle molte feste date da Ivo durante l'estate. I genitori spediscono Ivo in una clinica, da cui esce disintossicato e pronto a riprendere la normale vita di un ragazzo della sua classe sociale: università, amici, qualche divertimento. Quando la famiglia si trasferisce a Roma a causa di traversie economiche dell'azienda edile paterna, però, riprende le vecchie abitudini.
[M]i sarebbe piaciuto liberarmi da quell'assillo continuo che a momenti paralizzava ogni altra facoltà, mi sarebbe piaciuto non correre sull'orlo dei terribili baratri che mi apriva il digiuno, mi sarebbe piaciuto poter ignorare la mia decadenza continua e la meta destinata, vicina o lontana che fosse. Anche se era fatale che io la immaginassi lontana, perché ne avevo paura. Eppure la normalità non mi attraeva, e solo per un compenso molto maggiore che la pura normalità avrei tentato la grande battaglia, ammesso che ne fossi stato capace. Non credevo nella felicità dei sani: rimpiangevo se mai quella che avevo avuto nei miei primi sogni artificiali quando io stesso ero quasi sano. Strano che non sapessi valutare la salute che in quel particolare aspetto di verginità di fronte al piacere, di capacità di godere di più...
Con la formazione di Chiesa e l'epoca di pubblicazione, è legittimo temere una trattazione moralistica dell'argomento — ancora inconsueto per i primi anni sessanta, sebbene nel 1959 fosse stato tradotto in italiano Sulla strada di Jack Kerouac. Invece I sensi truccati mantiene sempre una sobrietà amara nel registrare le scelte sempre più stupide del suo protagonista, che ci racconta la sua storia con schiettezza: il bisogno di soldi per pagare un medico compiacente che gli procuri le ricette e poi per comprare le fiale di metedrina; il suo attaccamento, non insincero ma superficiale, a una brava ragazza, di cui è ovviamente necessario rispettare l'illibatezza; il continuo tradimento della fiducia di chiunque gliene conceda anche solo un po'.
Anche se a volte la narrazione manca di dinamismo, con il suo italiano armonioso e ponderato, le atmosfere che ricordano L'Eclisse di Michelangelo Antonioni, e quella fine perfetta, I sensi truccati rimane un romanzo riuscito.
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Le mosche d'oro – Anna Banti (1962, Mondadori)
Fausta Garavini dice, nel testo che apre il Meridiano dedicato alla scrittrice, che La camicia bruciata e Artemisia sono "titoli mitici, letti solo dalla gente del mestiere". Condivido questo parere, puntellato dall'impressione che Banti non sia granché servita dai discorsi che si fanno sui social intorno all'autorialità femminile. Scrittrice di raffinatezza incomparabile, donna di potere eppure via via sempre più disgustata dai giochi interni al salotto Strega gestito dall'amica Maria Bellonci (il raffreddamento della loro amicizia è la chiave del bel De amicitia, incluso nella raccolta Racconti ritrovati), compagna di vita del più grande storico dell'arte italiana del Novecento (che fu anche il maestro di Carla Lonzi), l'opera di Anna Banti non offre appigli facili: niente stile accessibile di scuola einaudiana, niente copertine pastello Adelphi, niente foto glamour. O forse il problema è la mancanza di curiosità del pubblico, che preferisce accontentarsi dell'ennesimo romanzetto di area anglofona che accarezza i nostri piccoli dolori e ci fa sognare tormentati amori da analfabeti sentimentali.
Le mosche d'oro appartiene alla produzione bantiana ambientata all'epoca della pubblicazione. Nei quindici capitoli del romanzo si alternano le vicende di due personaggi agli antipodi: Denise Gravier, giovane, bella e ricca, ha appena mollato il compagno Libero e il figlio Dante per tornare a casa da sua madre; Libero Marcocci, un toscano emigrato a Parigi con velleità artistiche, prende una decisione altrettanto brusca e riparte per l'Italia con il neonato. La relazione tra i due, mai davvero solida, finisce con un taglio.
[L]a miseria come la intendeva Denise poteva comprarsi come un disco, come una perfetta riproduzione a colori. Le piaceva guardarsi le ginocchia, e i piedi sporchi esclamando con una sorta di ammirazione: «Suis-je assez sale!». Portava i biondi capelli a un tale grado d'incuria che ne era sparita ogni luce. Era fiera quando le maniche del suo maglione le si bucavano ai gomiti e i calzoni le si strappavano sul sedere. Rideva delle cure elementari che l'amico dedicava alla pulizia più necessaria della persona. Eccola là, Denise, sdraiata sul lettuccio a guardarlo mentre lui si lavava nella piccola catinella, versando l'acqua dalla brocca come aveva sempre fatto dacché era al mondo. Lo guardava con un sorrisetto divertito, un po' sfottente, tanto che una volta lui le mollò uno schiaffone, lei se lo prese un po' piangendo un po' ridendo, dopo fecero l'amore azzuffandosi come due gatti giovani. Ma ora lo capiva, anche quell'episodio faceva parte del gioco per cui Denise aveva comprato.
La storia di Libero oscilla tra due poli: Firenze, dove lavora, e il podere di famiglia, appena fuori città. Denise, invece, ansiosa di lasciarsi alle spalle il periodo di Montmartre, si sposta tra la Costa Azzurra e la Svizzera, dove entra anche in contatto con alcuni ambienti queer che la trovano del tutto inattrezzata. Libero, che ha potuto studiare, si è allontanato dal suo contesto familiare contadino, dove sembra condannato a sentirsi estraneo — sebbene siano proprio le donne della sua famiglia a garantirgli un sostegno per il piccolo Dante. Denise, che invece starebbe così bene nel nido borghese in cui è nata, è una poor little rich girl sempre più sperduta che non riesce a capire di rappresentare solo un intralcio per una madre che vive pensando soltanto a sé.
Lontanissimo dall'essere un manifesto contro i giovani d'oggi (che ormai farebbero parte della generazione dei miei nonni), Le mosche d'oro osserva le azioni e gli impulsi di due giovani soli con un disincanto temperato da un'inflessibile compassione.
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La bottega
Questa è un'uscita speciale di LAB, nata da quattro bei libri che ho letto quest'estate. Non ne ho altre in programma; in teoria alla fine dell'anno dovrei scrivere l'elenco dei miei libri preferiti letti nel 2023.
Materiali aggiuntivi: I sensi truccati recensito da Angela Scarparo su SuccedeOggi (per chi teme gli spoiler: viene rivelata la fine del romanzo); Autoritratto di gruppo recensito da Leonardo Cappa su Belfagor (ottima la panoramica sulla biografia di Luisa Passerini). Per Fotomodella mi è stato utile leggere Il romanzo di ritorno di Stefano Tani (Mursia, 1990).
Grazie, come sempre, ad Andrea per la revisione del testo.
Ciao Zenone, se hai letto fin qui.
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